Il 2 giugno e i cattolici democratici (Giuseppe Tognon)
Il cattolicesimo democratico è rinato in Italia il 2 giugno 1946. Per molti cattolici il referendum tra Monarchia e Repubblica fu liberatorio: finalmente potevano cimentarsi con una nuova costituzione democratica ed avevano lo strumento, un partito di massa, e un leader, De Gasperi, per affrontare le grandi questioni sociali del Paese e per favorire il rinnovamento della Chiesa. Era il momento del riscatto per tante energie prima soffocate. Se un «cattolicesimo politico» è sempre esistito in Occidente fin dalla fine dell’Impero romano, il cattolicesimo democratico era stato considerato quasi sempre una fastidiosa eresia. Ancora agli inizi del Novecento la parola democrazia non poteva nemmeno essere associata alla dottrina cattolica. Ne fecero le spese Romolo Murri e coloro che credevano in una democrazia «cristiana». Criticati e condannati, dovettero battere in ritirata e tacere. Don Luigi Sturzo dopo la Prima guerra mondiale riuscì a fondare il Partito popolare italiano che ebbe però vita breve, dal 1919 al 1924. Anche lui pagò la sua audacia con l’esilio, su ordine del Vaticano che iniziava ad ammiccare a Mussolini. Poi venne De Gasperi. Nel 1943 toccò a lui riprovarci e fu un successo storico. La sua Democrazia cristiana non solo vinse le elezioni per l’Assemblea costituente, ma De Gasperi, che dal dicembre 1945 era Presidente del Consiglio, si assunse la responsabilità di «battezzare» laicamente la Repubblica. Il 14 giugno 1946, in un radiomessaggio asciutto e potente, tracciò le linee della costituzione ancora da scrivere: «Vorrei dire ai partiti: non imprechiamo, non accaniamoci da vinti e vincitori. Uno solo è l’artefice del proprio destino: il popolo italiano che, se meriterà la benedizione di Dio, creerà nella Costituente una Repubblica di tutti, una Repubblica che si difenda da sé, ma non perseguiti; una democrazia equilibrata nei suoi poteri; fondata sul lavoro ma giusta verso tutte le classi sociali; riformatrice, ma non sopraffattrice, e soprattutto, rispettosa della libertà della persona, dei comuni, delle regioni. Un immenso lavoro ricostruttivo abbiamo innanzi a noi; la salita è faticosa, diamoci la mano, uomini di buona volontà, comunque sia stato il vostro e il nostro voto». Papa Pio XII nel messaggio natalizio del 24 dicembre 1944 aveva aperto alla democrazia riconoscendo che dopo tante tragedie i popoli avevano il diritto di cercare rifugio anche in forme democratiche di governo. La preoccupazione papale era tuttavia ancora quella di delimitarne lo sviluppo e le aspirazioni. Toccò a dei laici credenti come De Gasperi e Dossetti riaprire per i cattolici europei la strada della democrazia. Anticiparono di vent’anni i vescovi del Concilio Vaticano II. Il cattolicesimo democratico non è mai stato una dottrina politica di stampo ottocentesco, come il socialismo o il liberalismo. È più novecentesco, sensibile ai principi della responsabilità personale e della coesione sociale più che alle dottrine politiche ed economiche classiche. La sua forza è stata nella qualità delle persone e nell’ attenzione per la coerenza tra principi e comportamenti. Ha finora resistito alla tentazione di trasformare la fede in un’ideologia devota. Bisogna tuttavia ammettere che in suo nome si sono compiuti anche tanti errori politici, primo fra tutti quello di presumere di essere sempre dalla «parte giusta». Oggi non ci sono posti garantiti: il mondo scivola da tutte le parti e i cattolici votano come vogliono, se votano. Il cattolicesimo democratico può ancora essere l’espressione di una strategia di mediazione tra popoli, fedi e culture che sia di esempio anche per gli ebrei e i mussulmani. Riflettere sullo spirito del 2 giugno è dunque un modo per porsi davanti alla storia con sincerità. La forma parlamentare repubblicana, intoccabile ai sensi dell’art. 139 della Costituzione, e la democrazia partecipativa erano vissute dai leaders del 1946 come un compito e non come una rendita. Il dibattito sull’una e sull’altra fu acceso fin dall’ Assemblea costituente e già allora si vide in che cosa si sarebbe realizzata l’ispirazione cattolico democratica: nel rispetto per la complessità della storia e nell’intelligenza del nuovo che assume forme inedite e che ha avuto talvolta anche costi altissimi, come ci testimoniano i molti martiri della democrazia politica di ispirazione cristiana, come Aldo Moro, Piersanti Mattarella, Vittorio Bachelet, Roberto Ruffilli. De Gasperi era il primo a capire che la democrazia non era un pranzo di gala bensì la forma più esigente di esercizio del potere. Nel secondo congresso della Dc, a Napoli il 17 novembre 1947, se ne uscì con una definizione esemplare: «La democrazia non è semplicemente uno Statuto; la Repubblica non è semplicemente una bandiera: è soprattutto una convinzione e un costume; costume di popolo. È necessario che ci persuadiamo che il regime democratico è veramente un regime molto duro, un regime che esige un addestramento e una vigilanza continua. Bisogna creare con lo sforzo quotidiano la democrazia nell’abitudine, nel Parlamento, nel governo, nei partiti e nelle associazioni. Ogni giorno è necessario riconquistare la democrazia, dentro di noi contro ogni senso di violenza, fuori di noi con l’esperienza della libertà».
Fonte: La Repubblica, 3 giugno 2024